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PROGETTO: IL RESPIRO + L'ULTIMO BOHEMIEN E LA LUMACA

Orario: 20:30 - Ingresso: 20,00 €

DOPPIO-RESPIRO-BOHEMIEN

dal 5 all'8 Aprile

Serate doppio spettacolo

Progetto: Il respiro

libero adattamento da Thomas Bernhard

di e diretto da Luigi Guaineri

con Luigi Guaineri, Leonardo Gaipa, Micol Vona

collaborazione artistica Maria Carpaneto

genere: Opera Macchinica

L'uomo è fondamentalmente vulnerabile, la morte può entrare in lui attraverso tutte le giunture del suo edificio corporeo. Il corpo è ciò che mi condanna a dover essere qui e non poter essere altrove, esposto alla mercé di ogni agente. Ugualmente il linguaggio è ciò che impedisce all'uomo di esprimersi, è un ostacolo, non può essere esatto, non può dire il vero, ma vorrebbe, si contorce per cercare di dirlo. In un certo senso si vive contro il proprio corpo, si parla contro il linguaggio. Tutto qui. Possiamo ignorare la morte, la malattia, la miseria, possiamo non-pensare, così dice Bernhard. Possiamo farlo, a patto che ci si dica che stiamo spudoratamente mentendo.

L'ultimo Bohemien e la lumaca 

compagnia VuotoPerPieno

uno spettacolo di Fabrizio Calanna

con Lara Viscuso, Chiara Verzola, Fabrizio Calanna

genere: Psicosolitudine a forma di pera e danza

Nichilista, silenzioso, asociale, ribelle... Il Bohemien attende di poter uscire dal suo status... attende... Avvolgente, cauta, materna, la prima entità, la lumaca, animale ermafrodita, lo accudisce e lo ama. La seconda entità, La Fata Verde, insolente e beffarda, si prende gioco del Bohemien e lo guida verso il mondo contraddittorio e allucinato che disseta il suo genio. Ispirato al mondo di Erik Satie lo spettacolo è un elogio della lentezza, l'attesa di qualcosa che ineluttabilmente arriverà... forse solo nell'immaginazione.

APPROFONDIMENTI

Progetto: il Respiro

A causa di una malattia polmonare esplosa improvvisamente, il diciottene Thomas Bernhard  viene ricoverato in ospedale, ormai in fin di vita. Come in una allucinazione, si risveglia in un reparto che lui stesso chiama “trapassatoio”. Inizia così il suo viaggio attraverso questo luogo, dove entra in contatto con lo spettacolo brutale e fondamentale dell'esistenza umana: l'atto di morire. 

La vista di questo spettacolo trasforma chiunque ne venga coinvolto, e il luogo stesso diviene agli occhi dell'autore un macabro teatro, nel quale ciascuno recita la propria inconsapevole pantomima.  Grazie ai consigli del nonno, e facendo appello alle proprie risorse intellettuali, il ragazzo uscirà da quel luogo sì trasformato, ma estremamente consapevole di quelle cicatrici, dalle quali resterà segnato indelebilmente  segnato, tanto nel corpo quanto nello spirito.

Per sopravvivere  alla scoperta della inevitabile fragilità, non solo del corpo, bensì dell'esistenza umana stessa, si deve lottare. Si deve decidere di farlo. “Il Respiro” è il racconto della decisone di Bernhard di affrontare questa duplice lotta. 

Thomas Bernhard, a 47 anni, torna a suo modo su quell'esperienza. Pochi autori hanno affrontato, come lui, in maniera cosi determinata e sistematica la malattia, la morte, i rischi parossistici del pensiero critico che rischia di travolgere tutto in una impossibile ricerca di verità e senso. Tuttavia ha la capacità di rendere questa ricerca semplicemente vitale, e umana, anche se tragicamente grottesca.

Squarci di una umanità che ci riguarda, e che si muove sempre in equilibrio su un baratro, consapevole o meno che sia della propria condizione.

Nel suo modo di scrivere s'intuisce la predisposizione del funambolo, un funambolo che si muove al livello del suolo e il cui filo è l'esasperante fragilità dell'esistenza stessa.

Tutto resta allo stato di frammento. Percezioni, ricordi, gli esseri umani stessi non sono altro che dei frammenti di qualcosa d'altro. Siamo pezzi di legami affettivi, instabili, sia nel bene che nel male. Ricostruire un tutto è impossibile. Ma ostinatamente Bernhard cerca di ricomporlo, cerca di mettere ordine nel caos che vede di fronte a sé. Pur sapendo che è destinato allo scacco. Come ogni forma di vita ha inscritta in sé la propria fragilità, così lo stesso tentativo di dare un senso alla vita è destinato a fallire. Tuttavia né può né vuole sottrarsi a questo tentativo, forse il solo modo per essere liberi.

La trama è esilissima, d'altronde l'autore austriaco non ha mai nutrito molto interesse per le trame. In gioco non c'è una vita da descrivere, ma un esistenza da criticare, da sottoporre ad un attento esame. E il linguaggio è il solo strumento a disposizione per farlo. Il solo modo per penetrare a fondo in quell'esperienza, per non relegarla alla semplice e forse banale memoria di fatti vissuti.

Con il suo linguaggio Bernhard non si limita a descrivere un ricordo, una persona o un esperienza, quasi  costruisce questa stessa esperienza.

Al centro del Progetto su “Il Respiro”, tratto dal romanzo di Thomas Bernhard,  c'è la sua parola scritta.

Il desiderio è quello di proporre una strada che si muova tra  interpretazione e  lettura,  cercando di farle incontrare. Come se entrassimo e uscissimo da una dimensione teatrale per entrare in quella del romanzo,

In questo romanzo autobiografico, i fatti narrati e il modo in cui vengono narrati, sembrano riflettersi l'uno nell'altro. E' spiazzante. Diversamente da quel che accade nei suoi pezzi teatrali, dove pure il linguaggio la fa da padrone ma è pur sempre al servizio di un personaggio, qui, è la scrittura stessa ad essere protagonista assoluta.

In questa direzione è pensata la scena, pochi elementi in assonanza con il romanzo ma che non descrivono un ambiente specifico, e permettono una commistione tra la rappresentazione e la lettura.

Un’unica voce recitante, e la presenza di due ulteriori figure, un uomo e una donna, completano questo primo approccio.

L'intento è quello di “trasportare”  il romanzo in scena, prima ancora che farne una materiale solamente drammaturgico. Bernhard richiede a qualsiasi lettore uno sforzo paragonabile ad uno sforzo fisico, quasi atletico. La sensazione è che non ci si stia limitando a leggere. A tratti sembra di poterne sentire la voce, come se fosse lui stesso a leggere le proprie parole ponendoti in una dimensione di ascolto. A volte pare di sentirlo picchiare sui tasti della macchina da scrivere in quell'esatto momento, poi, di colpo, disorientarti nuovamente e presentarti una sorta di pantomima teatrale, cui lui stesso sta assistendo commentandola sarcasticamente. Tutto questo senza mai deviare dal suo intento, tradurre fedelmente ogni singola esperienza o pensiero nella sua specificità. 

L'ultimo Bohémien e la Lumaca

"Le mie notti insonni allo Chat Noir, in compagnia di Verlaine, Mallarmé e altri illustri sconosciuti, sino al mattino, la stanchezza di piombo e l'alcol mi fanno riflettere, penso alla via del ritorno alla mia stanza, via faticosa come camminare sul mare ... come in quei sogni in cui si tenta di correre, ma le  gambe vengono calamitate al suolo e richiedono uno sforzo sovrumano ... Come in uno strano sogno in cui sogni di corro dietro le Lumache. Già le 20. La notte si avvicina, è tempo per me della Fata Verde." E. Satie

Un uomo silenzioso, ribelle, libero, un bohémien vive nel suo appartamento, lui lo chiama l'Armadio.

Una bottiglia appesa al contrario; da essa cade una goccia, è la Fata Verde, l'Assenzio di cui lui abusa.

Lo stillicidio che ne fuoriesce segna il passare del tempo, segna l'attesa di qualcosa che forse arriverà.

La musica? Una nuova ispirazione ?

Nel frattempo due entità vivono la sua mente ed il suo Armadio.

La prima, avvolgente, cauta, materna, rotonda, La lumaca, lo accudisce e lo ama. Essa, animale ermafrodita, è simbolo del mistero profondo della vita, è l’unità di tutto ciò che esiste, è il procedere piano piano con costanza, senza ansie.

La Chiocciola evoca il lento percorso spirituale, qualsiasi processo di iniziazione artistica esige tempo e pazienza. Il Guscio nero, figurato nello spettacolo da un ombrello (oggetto di cui Il Bohémien tiene una collezione infinita) rappresenta il contenente, il ricettacolo, per analogia la matrice che esprime la fecondità, la gestazione. Lei ne ha più di uno, li prende dall'altra stanza, una stanza chiusa di cui si vede solo l'anima di una porta sbilenca e una foresta di ombrelli. Il Bohémien tiene lì la sua collezione.

La seconda entità, la Fata Verde, insolente e beffarda, si prende gioco del Bohémien e lo guida verso il mondo contraddittorio e allucinato che disseta il suo genio. A volte donna, a volte uomo, a volte “tosse”, non è mai la stessa, lei è come vuole essere.

Accompagnato da queste due entità, il Bohémien attende che il giorno faccia la sua comparsa, che la vita vada avanti, che il destino faccia il suo corso, nulla lo può impedire se non la fantasia.

L'attesa finisce ! La bottiglia/clessidra è vuota !

E' arrivata forse l'ora della morte ? Una nuova esistenza ?

O è forse il momento di riuscire a governare musica e musicisti, critici e criticati.

Governare ciò che gli umani chiamano Vita.

Lo spettacolo vuole essere un elogio alla lentezza ed all'attesa elaborando un mondo che sfugge dalla volontà sociale di produrre necessariamente qualcosa di artistico/commerciale. Un Mondo, quello di Erik Satie : sommerso, assurdo, profondo e pieno di vuoti… irriverente, iconoclasta.  Alla base il rifiuto di una vita sociale e razionale, l'unica possibilità è rifugiarsi dentro la propria stanza, per Satie  “L'Armadio”. Fabrizio Calanna

Quando: dal 5 all’8 Aprile

Inizio spettacoli: 

Giovedì 5 _ Progetto: Il respiro 20:30  -  L’ultimo Bohémien e la lumaca 22:15
Venerdì 6 _  L’ultimo Bohémien e la lumaca 20:30  - Progetto: Il respiro 22:15
Sabato 7 _  Progetto: Il respiro 20:30  -  L’ultimo Bohémien e la lumaca 22:15
Domenica 8 _  L’ultimo Bohémien e la lumaca 20:30  -  Progetto: Il respiro 22:15

Biglietti:

Ingresso singolo spettacolo - Intero €15 – Ridotto €12
Ingresso doppio spettacolo - Intero €20 - Ridotto € 17 (più bicchiere di vino offerto)

Dove: Teatro della Contraddizione - via della Braida 6

Infoline e prenotazioni: 025462155 - prenotazioni@teatrodellacontraddizione.it